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Turbina geometria variabile, come funziona?

Dai primi motori turbo alle turbine a geometria variabile.

Breve storia del turbo

Molti pensano che il turbo sia nato grazie alla formula 1, ma in realtà non è così.
Il primo motore turbo lo si deve si ad una auto da competizione, ma si tratta di un automobile che ha corso ad Indianapolis nel 1952 con motore diesel Cummins, azienda produttrice di motori diesel ancora oggi.

In seguito, sempre in territorio americano, fecero la loro comparsa due auto di serie prodotte da Oldsmobile e Chevrolet, ma furono costruite poche unità, probabilmente perché non erano ancora motori affidabili.

Con il tempo è stata affinata la tecnica di costruzione dei turbocompressori ed è migliorata anche l’affidabilità, tanto che finalmente il turbo fece la sua comparsa anche in Formula 1 dopo essere stato protagonista in competizioni di campionati minori.
Era il 1977 e la Renault presentò la monoposto con motore V6 trubo, ed il primo pilota a vincere un campionato fu il brasiliano Nelson Piquet con la sua Brabham dotata di motore BMW.

Proprio BMW fu poi la prima a lanciare veramente il turbo per le auto in serie seguita dalla Porche 911 e poi da Mercedes e Peugeot.
Oggi come oggi praticamente tutte le auto diesel adottano la soluzione del turbocompressore per aumentare potenza e brio al motore che altrimenti sarebbe un “mulo”, cioè un motore che ha si spinta ma non accelerazione.
Inoltre, alcune case stanno adottando il turbo anche per motori a benzina, permettendo così di usare cilindrate minori (downsizing).

Il turbocompressore è quindi un componente indispensabile nei motori diesel, tanto che attorno alle turbine si è creato un mercato secondario dedicato ai ricambi, alla taratura del turbo, alla vendita di turbocompressori nuovi ed alla rigenerazione o revisione delle turbine.

Dai primi turbo alla turbina a geometria variabile

Il funzionamento dei turbocompressori è stato per anni sempre lo stesso, vediamo di spiegarlo in maniera molto semplice:
I gas di scarico vengono fatti passare attraverso le giranti di una turbina mettendola così in moto, e la turbina a sua volta mette in movimento il compressore collegato ad essa da un alberino. Il compressore prende l’aria dall’esterno e la comprime inviandola alla camera di combustione e aumentando così la pressione di esercizio. Maggior pressione significa alla fine una migliore resa e incremento della potenza.

Uno dei grossi problemi del turbocompressore è sempre stato però quello che viene chiamato “turbo-lag“, ovvero la mancata risposta di questo sistema ai bassi regimi, quando cioè i gasi di scarico non hanno forza sufficiente da far girare la turbina in maniera efficace. Ecco svelato il motivo per cui su alcuni motori, soprattutto i più datati, quando ad un certo punto si mette in moto il turbo sia ha l’effetto tipo “aereo in decollo”, quando c’è una improvvisa accelerazione che sembra schiacciarci sul sedile.

Per ovviare a questo problema nei motori diesel, ovvero al ritardo con cui il turbo entra in gioco, è stata ideata quella che viene chiamata “turbina a geometria varaibile“, cioè una turbina in grado di adattarsi meglio alla differenza di pressione dei gas di scarico. Questo ha permesso di poter usufruire della maggior potenza erogata dal turbocompressore fin dai bassi regimi evitando così strappi e picchi di potenza improvvisi.

la turbina a geometria variabile ha in pratica delle palette mobili che, azionate dalla centralina elettronica, cambiano il loro angolo di incidenza andando a modificare la portata d’aria in gioco. La corretta mappatura della turbina a geometria variabile permette così di mantenere un flusso di portata costante verso il compressore, garantendo così un maggior rendimento del motore turbo.

I motori biturbo

Una soluzione al problema del turbo-lag era stata provata adottando il motore di due turbocompressori al posto di uno, dimensionati diversamente per poter lavorare ad un diverso numero di giri.
In poche parole vi era una turbina che agiva ai bassi regimi ed una che interveniva dopo, cercando così di garantire un maggior rendimento del motore.

Altro discorso sono invece i motori a V, quelli delle auto sportive con il motore diviso in due bancate speculari, quindi ognuna con un suo turbocompressore dedicato. Non per nulla il termine biturbo fu usato per la prima volta da Maserati.

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